Era il 27 agosto 1911 nel ristorante “L’Orologio”, esclusivo luogo d’incontro della Milano bene di inizio Novecento, poco distante dal Duomo. Qui i calciatori arbitri di maggior esperienza dell’epoca fondano l’AIA, l’Associazione Italiana Arbitri, rivendicando da subito l’autonomia dalla Federazione e dai club, e con compiti rigorosi: «La difesa e la tutela del decoro e degli interessi dei suoi soci, il perfeziona- mento dell’arbitraggio, la discussione sulla interpretazione dei regolamenti di gioco in modo da renderli uniformi per tutti gli arbitri, l’istruzione di coloro che volessero iniziarsi all’ufficio dell’arbitro, la spiegazione anche con conferenze pubbliche agli amatori del Giuoco del Calcio e delle regole che lo governano».
Parte tutto da lì. È da lì che la classe arbitrale italiana inizia a disegnare uno stile, una tradizione che la portano ai vertici del calcio mondiale.
Una storia, lunga 110 anni, che come tutte le stori è fatta di bellissime pagine da raccontare e di qualche inciampo. Ma che da qualche hanno ci ha consentito di “cucire” sulle divise di gara tre fischietti mostrine, che l’AIA paragona alle stelle cucite sulle maglie delle Nazionali. Un simbolo, certo, per rimarcare le «vittorie» messe a segno da tutto il movimento arbitrale italiano.
Con questo numero “speciale” apriamo le celebrazioni del nostro 110° anniversario, lo facciamo ospitando autorevoli contributi e prestigiose interviste a chi questa storia ha contribuito a scriverla, o la conosce molto da vicino.
Cercheremo di raccontarvela, anche nei prossimi numeri, soffermandoci su ogni dettaglio, dando spazio a tutti i protagonisti, a partire da chi, ogni giorno, nelle Sezioni, fa grande la nostra Associazione. Lo faremo grazie anche ad un nuovo “team di comunicazione”, fatto di grandi professionisti, tutti arbitri, che ci aiuteranno ad utilizzare al meglio tutti i mezzi di comunicazione, i social, il web.
Perché raccontare questa passione, che mi accompagna da oltre 25 anni, vuol dire raccontare le storie e la passione di ciascuno di noi.
L’Arbitro 06/2020
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